In azienda vince chi ha idee, non chi esegue e basta
L’intraprendenza: il carburante che molte aziende non sanno usare
Nelle aule di formazione, ogni settimana incontro persone con potenziale inespresso.
Giovani, ma anche adulti, che aspettano.
Aspettano che qualcuno dica cosa fare. Aspettano che l’azienda decida. Aspettano il momento giusto.
Eppure, le aziende oggi hanno bisogno di tutt’altro: hanno bisogno di persone intraprendenti, capaci di attivarsi da sole, di vedere un problema e proporre una soluzione, di prendere iniziativa prima che arrivi l’urgenza.
Reattività o proattività: questione di cultura (e coraggio)
Essere reattivi significa aspettare che qualcosa accada per poi rispondere.
Essere proattivi significa anticipare, osservare, agire senza essere spinti.
Ma attenzione: l’intraprendenza non è semplicemente “fare qualcosa”.
È fare qualcosa di utile, mirato, intelligente.
Non è agitazione, è intenzione.
E soprattutto: non è solo una dote individuale, è una cultura aziendale.
Come riconoscere i semi di intraprendenza nei collaboratori
In ogni azienda ci sono persone che, sotto la superficie dell’apparente normalità, stanno già mostrando segnali di intraprendenza. Basta saperli vedere.
Ecco alcuni indizi:
- Hanno curiosità: fanno domande diverse.
- Non si limitano al loro compito: propongono.
- Si assumono piccoli rischi, senza aspettare approvazioni formali.
- Quando parlano, non cercano colpevoli: cercano soluzioni.
Se vedi uno di questi segnali, coltivalo. Non ignorarlo. Non schiacciarlo con la burocrazia.
Cosa può (e deve) fare l’azienda per non spegnere l’intraprendenza
Una persona intraprendente non ha bisogno di controllo, ha bisogno di spazio.
Le aziende che vogliono valorizzare l’intraprendenza dovrebbero:
- ✅ Lasciare margine d’azione, evitando micro-management.
- 🗣 Chiedere opinioni prima di imporre soluzioni.
- 🧪 Accettare il rischio dell’errore come parte del processo.
- 🌱 Creare ambienti dove è legittimo proporre, non solo eseguire.
Molti manager dicono di volere persone intraprendenti, ma poi si spaventano quando le hanno.
Servono leader che sappiano gestire la libertà, non solo l’obbedienza.
Spesso l’intraprendenza si spegne non per mancanza di talento, ma per assenza di condizioni favorevoli. È come pretendere che un seme germogli… lasciandolo senz’acqua.
Ecco alcune azioni concrete che un’azienda può mettere in campo per proteggere e nutrire l’intraprendenza:
1. Dare fiducia prima della perfezione
Molti collaboratori aspettano di “essere pronti” per proporre qualcosa.
Ma la fiducia non deve arrivare come premio, deve essere un punto di partenza.
Le persone osano di più quando sentono che l’errore non è un disonore, ma un’occasione.
👉 Cosa fare:
- Lasciare margine operativo su piccoli progetti.
- Non correggere ogni dettaglio: lasciare spazio allo stile personale.
2. Riconoscere l’idea, non solo il risultato
In aziende molto orientate all’efficienza, viene premiato solo ciò che “funziona”.
Così si spegne l’idea, la creatività, la sperimentazione.
L’intraprendenza si alimenta anche con il riconoscimento dell’intenzione.
👉 Cosa fare:
- Valorizzare chi propone, anche se l’idea non viene adottata.
- Raccontare i “tentativi” come parte del percorso di miglioramento.
3. Coinvolgere nei problemi, non solo nelle esecuzioni
Spesso i collaboratori ricevono solo istruzioni su cosa fare, mai il perché.
Così si crea una cultura passiva.
L’intraprendenza nasce quando mi sento parte del problema e posso contribuire alla soluzione.
👉 Cosa fare:
- Spiegare gli obiettivi, non solo i task.
- Chiedere: “Tu come lo faresti?”
- Aprire discussioni, non solo distribuire compiti.
4. Accettare un po’ di “disordine creativo”
Chi è intraprendente a volte rompe gli schemi.
Non sempre è comodo, ma è sano.
Se tutto è troppo controllato, l’unica cosa che crescerà… sarà il conformismo.
👉 Cosa fare:
- Permettere approcci diversi allo stesso obiettivo.
- Accogliere l’iniziativa, anche se fa un po’ di rumore.
L’intraprendenza non è una qualità per pochi.
È un’attitudine che può essere riconosciuta, stimolata, allenata.
Ma solo se c’è coraggio da entrambe le parti: da chi guida e da chi segue.
Perché, in fondo, ogni cambiamento reale comincia così:
da qualcuno che ha smesso di aspettare… e ha iniziato ad agire.
Intraprendere significa iniziare, avviare qualcosa.
In un mondo in continuo mutamento, chi ha questa attitudine non ha bisogno di essere trascinato: cammina da sé.
Ma attenzione: chiedere intraprendenza senza creare un ecosistema favorevole è una forma di incoerenza.
È come pretendere frutti da un terreno che si continua a calpestare.
La cultura aziendale deve diventare un ciclo virtuoso:
- Fiducia → Proposta → Ascolto → Valorizzazione → Crescita
Perché alla fine, l’intraprendenza non è solo una skill individuale.
È un segnale che l’azienda è viva.
E un’azienda viva è quella dove:
- le persone non temono di proporre,
- gli errori vengono letti come segnali,
- e ogni collaboratore si sente parte attiva del cambiamento.
...smettila di aspettare !!!
La responsabilità personale non è un onere. È libertà operativa.
È quello che permette di passare da una cultura del lamento a una cultura dell’azione.
Da “è colpa di…” a “posso iniziare io”.
Ed è anche ciò che costruisce una leadership diffusa, fatta non solo di chi guida, ma anche di chi sceglie ogni giorno di essere guida di se stesso....clicca qui e leggi il mio articolo sull'argomento
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