Dalla tecnica alla relazione: come FORMARE VENDITORI che il cliente sceglie davvero.
Ho da poco concluso un percorso di formazione annuale, presso la scuola ITS Academy Machina Lonati.
Un periodo intenso, vissuto al fianco di ragazzi e ragazze che si stanno preparando a diventare account manager, una figura chiave nel tessuto commerciale delle aziende, soprattutto oggi, in un mercato che chiede molto più della semplice proposta di un prodotto.
Quello che abbiamo costruito insieme è stato molto più di un corso.
È stato un viaggio formativo, fatto di teoria, pratica, consapevolezze e – soprattutto – trasformazioni.
La tentazione della distribuzione: vendere senza vendere
Molti di questi ragazzi, pur nella loro intelligenza e passione, avevano – almeno all’inizio – un approccio più vicino alla distribuzione che alla vendita.
Spiegavano, elencavano, proponevano. Ma mancava qualcosa: la guida.
Vendere, oggi più che mai, non è mettere un volantino in mano al cliente.
Non è elencare caratteristiche, vantaggi e sconti.
Vendere significa prendere per mano il cliente e accompagnarlo verso una soluzione che funzioni per entrambi.
Un processo win-win. Una relazione.
Questo passaggio di consapevolezza non è immediato.
Soprattutto per i giovani che si affacciano a un mondo del lavoro dove spesso si confonde il ruolo del venditore con quello di un “erogatore di offerte”.
Eppure, come accade spesso all’inizio, avevano un’idea di vendita piuttosto comune: proporre un prodotto.
Al massimo, distribuirlo con garbo.
Ma vendere non è questo.
Il venditore non è un volantino ambulante.
Il venditore è un professionista della relazione, un alleato del cliente, uno stratega dell’ascolto.
La responsabilità di chi forma: allenare il coraggio
In questi mesi ho visto emergere potenzialità straordinarie.
Ragazzi e ragazze con visione, creatività, spirito critico.
Ma anche con timori: paura di esporsi, di “essere troppo”, di sbagliare.
È normale. Vendere significa mettersi in gioco, non solo professionalmente, ma anche umanamente.
Significa accettare che il cliente non comprerà il nostro prodotto solo perché è il migliore sul mercato, ma perché ci ha scelti, perché ha visto in noi una guida affidabile.
Il mio ruolo non è stato solo quello di insegnare tecniche.
È stato quello di educare alla responsabilità, alla presenza, all’intelligenza relazionale.
Ho lavorato per allenare il coraggio: il coraggio di prendere parola, di stare nella trattativa, di essere protagonisti e non comparse in uno scambio commerciale.
Dalla tecnica all’identità: vendere se stessi
Durante il corso abbiamo esplorato modelli di vendita, strategie commerciali, simulazioni pratiche, analisi di mercato.
Ma la parte più trasformativa è stata quella legata alla consapevolezza identitaria.
Perché – lo ripeto con convinzione – non vendiamo un prodotto.
Vendiamo noi stessi.
E solo dopo che il cliente ha comprato “noi”, si aprirà alla possibilità di acquistare anche quello che offriamo.
Questo significa imparare a trascinare con sé il prodotto, a portarlo dentro la relazione, a farlo vivere nella narrazione che costruiamo, nella fiducia che ispiriamo, nella coerenza che dimostriamo.
Ecco perché credo che vendere sia il lavoro più bello del mondo: perché è un mestiere che obbliga a diventare adulti, a guardarsi dentro, a misurarsi ogni giorno con ciò che si è e non solo con ciò che si sa.
Un futuro in movimento: esame, stage, professione
Ora questi ragazzi si preparano all’esame finale.
Subito dopo inizieranno lo stage e inizieranno a calcare davvero la scena del lavoro. Non più solo esercitazioni, ma clienti veri, obiettivi reali, contratti da firmare.
Li lascio con fiducia, sapendo che hanno in mano strumenti solidi.
Ma soprattutto sapendo che dentro ciascuno di loro è nata una scintilla: la consapevolezza che vendere non è una tecnica da applicare, ma una presenza da incarnare.
E a chi ancora pensa che “vendere” sia una parola scomoda…
A chi pensa che vendere significhi manipolare, convincere a forza, rincorrere il cliente, rispondo con forza: vendere è accompagnare.
Vendere è aiutare il cliente a scegliere meglio.
È costruire ponti. È dare valore. È creare relazioni che durano.
E se oggi il mercato ha bisogno di qualcosa, è proprio questo: di professionisti autentici, consapevoli, pronti a mettersi in gioco.
Ed è per questo che continuerò a formare venditori che sappiano essere persone prima che tecnici, comunicatori prima che persuasori, leader prima che agenti.
Non distribuire. Non proporre. Ma guidare.
Molti di questi ragazzi sono brillanti, curiosi, intelligenti.
Vendere significa guidare il cliente, accompagnarlo verso una scelta consapevole, costruire una relazione che generi valore per entrambi.
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Significa creare un processo win-win, in cui il venditore non è un semplice trasmettitore di informazioni, ma un consulente, un alleato, una guida.
E questo – per chi non lo ha mai fatto – richiede coraggio, visione, presenza.
Il mestiere di vendere: mettersi in gioco
Per tutto l’anno, ho visto questi ragazzi impegnarsi, allenarsi, mettersi in discussione.
Ho cercato di farli lavorare non solo sulle tecniche di vendita, ma anche – e soprattutto – su di sé.
Perché il punto centrale, quello da cui parte tutto, è uno: non vendiamo un prodotto, vendiamo noi stessi. Sempre.
Il prodotto, il servizio, la proposta commerciale arrivano dopo.
Prima di tutto, il cliente compra la nostra affidabilità, la nostra energia, la nostra chiarezza, la nostra capacità di ascolto.
Compra ciò che trasmettiamo, non solo ciò che offriamo.
E per farlo bisogna sapersi mettere in gioco.
Uscire dalla zona comoda della descrizione tecnica e accettare di essere protagonisti della relazione.
Tecniche, strategia e consapevolezza
Nel corso abbiamo lavorato su tutti gli strumenti utili a un account manager:
- Analisi del cliente e del mercato
- Tecniche di ascolto e domande efficaci
- Proposta di valore e gestione dell’obiezione
- Chiusura della trattativa e gestione post-vendita
- Strategia commerciale e visione d’insieme
Ma ciò che ho davvero cercato di allenare è la mentalità del venditore: quella che non si accontenta di “offrire qualcosa”, ma si chiede come posso essere utile davvero a chi ho davanti?.
Vendere, in fondo, è un atto di responsabilità: significa prendersi cura di un bisogno e offrire una soluzione coerente, giusta, sostenibile. È un atto di leadership.
Il passaggio alla realtà
Ora questi giovani si preparano all’esame, poi inizieranno lo stage e infine entreranno nel mondo del lavoro. Porteranno con sé ciò che hanno imparato, ma soprattutto ciò che sono diventati in questi mesi.
Sarà il momento in cui tutto quello che abbiamo simulato, discusso, provato… diventerà reale.
Ed è proprio lì che inizia il bello.
Perché vendere è il lavoro più bello del mondo quando capisci che ogni giorno è una sfida, un’opportunità, un’occasione per crescere e per lasciare un impatto concreto.
Un messaggio ai giovani (e non solo)
A chi pensa che vendere sia un mestiere facile, una “scelta di ripiego” o peggio ancora un lavoro scomodo, dico questo:
Vendere è molto più di una transazione.
È relazione, visione, responsabilità, identità.
È aiutare l’altro a scegliere meglio.
È portare valore dove prima c’erano solo dubbi.
È essere presenti, veri, affidabili.
E sì, è anche il lavoro più bello del mondo, se fatto con passione e autenticità.
Io ho avuto l’onore di formare una nuova generazione di venditori.
Ora tocca a loro.
E se continueranno a vendere prima se stessi, e poi il prodotto, allora sono certo che faranno la differenza.
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